Partito comunista italiano. Federazione provinciale, Piacenza

1921 - 1991

Nonostante la tradizione comunista della regione, la provincia di Piacenza ha sempre rappresentato un'anomalia. Grazie anche alla maggiore diffusione della piccola proprietà terriera, più vicina al clero e all'area di influenza della Chiesa, il Partito popolare si affermò alle elezioni politiche del 1919, in particolare nei comuni in cui erano attive le cooperative bianche che, insieme alle parrocchie, rappresentavano in quei territori degli importanti centri di aggregazione economica e sociale.

Nel marzo del 1930 i comunisti piacentini organizzarono lo sciopero delle bottonaie. I bottonifici costituivano una delle attività più importanti a livello locale e in città esistevano sette fabbriche che occupavano circa duemila dipendenti. In ognuno di questi stabilimenti il Pci era riuscito ad organizzare cellule di 4-5 operaie e, grazie a questa organizzazione, riuscì a mobilitare la quasi totalità delle lavoratrici. Lo sciopero fu un vero successo e proseguì per un'intera settimana, al punto da richiedere l'intervento personale di Benito Mussolini. L'iniziativa ebbe anche una vasta eco a livello nazionale e richiamò l'attenzione degli organi del partito che si interessarono alla realtà piacentina, inviando funzionari che portarono materiale a stampa da distribuire in provincia. Per tutti gli anni Trenta, il partito piacentino dipese strettamente dalla vicina Parma, da dove, nel marzo del 1944, fu inviato a Piacenza Remo Polizzi, con il compito di organizzare il lavoro della federazione, poco organizzata e non in grado di garantire la realizzazione di un'efficace azione politica.

Nel dopoguerra l'amministrazione della città venne affidata a una coalizione di sinistra a guida comunista, ma, esclusa questa breve parentesi, il Pci si trovò sempre in posizione di minoranza. Nelle prime elezioni postbelliche fu eletto sindaco Giuseppe Visconti, che rimase in carica fino al 1947, per essere poi sostituito da Ettore Crovini, sindaco sino al marzo del 1950. L'amministrazione cittadina dovette affrontare problemi drammatici, quali la carenza di alloggi, la scarsità di acqua, la ricostruzione di strade ed edifici pubblici, l'alto tasso di disoccupazione che comportava condizioni di estrema povertà per la maggior parte della popolazione. Furono avviati lavori pubblici di estrema necessità che raggiunsero il doppio scopo di impegnare manodopera e di ricostruire edifici di pubblica utilità. In questi primi anni fuori dalla clandestinità, il partito piacentino fu impegnato nel definire e nel rafforzare la propria struttura organizzativa. A livello locale, il Pci orientò la propria attività alla conquista del voto bracciantile che costituiva la maggior parte della popolazione in pianura e di quello del ceto medio dei piccoli proprietari terrieri. Si preoccupò, inoltre, di fare proselitismo tra le donne, che costituivano un soggetto politico nuovo. Nonostante ciò, l'alleanza tra Pci e Psi, le elezioni del 18 aprile 1948 videro l'affermazione della Democrazia cristiana, con ottimi risultati in termini di voti anche sul territorio piacentino. Questi risultati misero in difficoltà l'amministrazione cittadina: alcuni consiglieri si dimisero e il sindaco Crovini dovette affrontare le accuse dei consiglieri democristiani, i quali ritenevano che l'amministrazione comunista non rappresentasse più la volontà degli elettori. Le amministrative del 1951, tenute in un clima molto teso, sancirono la vittoria della Democrazia cristiana.

L'egemonia cattolica a Piacenza durò fino al 1970, quando maturò il sorpasso del Pci sulla Dc a livello provinciale e fu avviato un percorso di consolidamento sul territorio tradottosi nel sensibile aumento degli iscritti. L'incremento degli impiegati nel settore terziario evidenziò le problematiche del lavoro femminile e la necessità, dunque, di fornire infrastrutture quali asili nido e scuole materne che occupassero i bambini in orario di lavoro, temi sui quali il Pci si impegnò fortemente negli anni Settanta. Alle elezioni amministrative del 1975, il Pci piacentino riuscì a conquistare l'amministrazione comunale e quella provinciale: fu eletto sindaco il comunista Felice Trabacchi e presidente della Provincia Luigi Tagliaferri. Il successo della coalizione di sinistra fu ripetuto nelle successive elezioni del 1980.

Un brusco ridimensionamento si verificò in occasione delle elezioni amministrative del 1985, quando il partito perse circa cinque punti percentuali e in Comune si instaurò una coalizione pentapartitica a guida Dc. Alle amministrative del maggio 1990 il Pci perse altri sei punti percentuali, registrando anche un sensibile calo degli iscritti, mentre la Dc tornò a essere il primo partito.